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Comunità, socialità:

Gli utenti delle comunità virtuali si scambiano sullo schermo parole gentili, discutono, danno vita a dibattiti intellettuali, effettuano transazioni, si scambiano conoscenze, si danno reciprocamente un sostegno emotivo, fanno progetti, cercano soluzioni brillanti, fanno pettegolezzi, si vendicano, si innamorano, trovano e perdono amici, giocano, flirtano, discutono di arte e fanno moltissime chiacchiere: tutto quello che succede nella vita reale, ma lasciando fuori il corpo. Non si può baciare nessuno, né ricevere un cazzotto sul naso ma, entro questi limiti, ne possono succedere di tutti i colori.
Il che ci pone di fronte all’avanzare di una nuova idea di socialità: lo sviluppo di microgruppi, di tribù. La metafora della tribù consente di rilevare il processo di ‘disindividualizzazione’ che sta investendo la comunicazione oggi, pur sottraendola alla logica della massificazione a lungo teorizzata in ordine ai vecchi media.


 

Le tribù non sono stabili e le persone che le compongono possono evolvere. Vi sono delle accentuazioni che tradiscono questo profilo tribale, come ad esempio l’accentuazione spaziale: se si ridà senso al quartiere, alle pratiche del vicinato e all’affettività che tutto ciò induce, è anzitutto perché ciò consente reticoli di relazioni, in vista della fondazione di un successivo ‘noi’. La costituzione di questi microgruppi avviene a partire dal sentimento di appartenenza, in funzione di un’etica specifica e nel quadro di un reticolo di comunicazione. Si può parlare così di una ‘moltitudine di villaggi’, che si compenetrano, si oppongono, si aiutano reciprocamente, pur continuando a restare se stessi.
Il sentimento di appartenenza tribale sembra essere rafforzato dallo sviluppo tecnologico. Si fa strada nuovamente l’idea di un ‘villaggio globale’.